Ru e Fro

 

 

..l'Autrice piega le dinamiche spazio-temporali dei suoi scritti, alla sua lungimiranza certosina,

coniugando psicologismo, tecnica, indagine e tolleranza molto ampia della rielaborazione 

filosofica dei concetti di umanità, intellettualità, anima e umano sentire.


Alessandra Di Gregorio, Scrittura Informa, luglio 2009 (leggi recensione)

 

 

 

La scrittura della Dagnino assomiglia alla musica, o meglio a tipi di musica cui non siamo abituati

e non perché dissonanti o stonati, ma perché richiedono, per essere ascoltati, un orecchio diverso.

Pensiamo ad esempio la sintesi granulare, dove ogni suono ha una sua precisa funzione, ma solo 

tutti insieme, ognuno nel suo specifico tempo, producono un suono collettivo più grande, che

solo l’intero ci permette di riconoscere.

 

Alessio Pracanica, Lipari.biz,  07 aprile 2009   (leggi recensione)

 

 

Erika Dagnino, piacevole confusione        

Una consapevole sovrapposizione di piani narrativi, la confusione dei personaggi, la stratificazione linguistica sono i dati ricorrenti nel lavoro della genovese Erika Dagnino, che dopo Ru e Fro pubblica ora Racconti dell´ombra, entrambi per Csa Editrice. Labile, piuttosto, il confine tra la prosa e la poesia, che l´autrice percorre in un senso e nell´altro di frequente, offrendo così una scrittura piena e di materiali linguistici e di contenuti, nella ridondanza descrittiva di un contesto esplicitamente surreale: "Stavano ora camminando fianco a fianco con incredulità solo del signor Qorhà: senza essersene reso conto aveva dunque aperto la porta, sceso le scale, aperto il portone, e prima ancora di tutto questo infilato i vestiti del giorno precedente identici a quelli dell´altro, per maggior correttezza si invertono i termini, erano gli abiti dell´altro identici ai suoi". Un fraseggio che punta all´indeterminazione in questo caso nel confronto tra corpo e ombra  già presente in Ru e Fro: "Dato che erano stati separati diverse ore, le ore non erano state poche, e in una di queste ore, magari poco prima o molto prima, a Ru (perché a Fro questo non accadeva mai, o accadeva talvolta e solo per motivazioni ignote, scontate ma anche non banali, si può comunque affermare mai, così come quasi mai) venne un certo languore allo stomaco...». Strano, in sintesi (e neanche tanto, se si pensa, a esempio, a Gadda), divertente, appunto poetico, e molto.

Stefano Bigazzi, la Repubblica Fri, 13 Mar 2009 Pagina XIX - Genova  

 

[...]l’eleganza della scrittura, la sobrietà del racconto nel suo insieme sono i capisaldi e questo connotato lo si deve anche all’esperienza letteraria acquisita nel tempo consentendole di poter essere annoverata tra le più interessanti scrittrici del nostro tempo.[...]

Pietro Seddio, Il Convivio, Anno X n.1 Gennaio – Marzo 2009 n.36   (leggi recensione)

 

La nobile schiatta dei personaggi inconcludenti alla Bouvard e Pécuchet non si è estinta con il girare a vuoto dei non eroi beckettiani. Certo si può parlare di un prima di Beckett e un dopo di Beckett, così come il grande irlandese si esprimeva a proposito di Pin in Com’è, ma eppur si continua. Ru e Fro, coppia nata dall’immaginazione di Erika Dagnino, sembra prendere corpo proprio laddove era terminato il viaggio di una delle coppie beckettiane meno famose, Mercier e Camier. Anche Ru e Fro vivono in una singolare simbiosi. Condividono appunti quotidiani e (pseudo)emozioni che sembrano animarli vicendevolmente nel corso della breve sequenza di avvenimenti che si svolge nella semi-immobilità descritta in questo romanzo breve. Ru e Fro agiscono (?) in un tempo enorme, fatto tendenzialmente di innumerevoli ripetizioni. Prosa essenziale, che richiede una scelta meditata per ogni singola parola, senza curarsi di strizzare l’occhio alla contemporaneità. Risiede qui la forza di Ru e Fro. In una parola già sufficientemente sedimentata, poetica. D’altronde la Dagnino, sempre lo scorso anno, ha pubblicato proprio una raccolta di poesie Spazi d’afa (edito da Ennepilibri) in un delizioso formato a blocco note. Versi liberi, componimenti che chiariscono meglio da dove trae forza la breve narrazione di Ru e Fro, coniugando in modo convincente musica e metafisica, ovvero la natura intima della vera poesia. Che altro è: “Mi sfiguro, mi stanco, ascolto. Mi convinco dei sonagli, delle crepe, dei profumi; sono persino lontani gli oleandri”? Poesia, niente di più.


Gennaro Fucile, Quaderni d'Altri Tempi, n.15, luglio-agosto 2008

www.quadernidaltritempi.eu